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La poesia: I SACRIFICI di Tonino Guerra

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Che giornata. Anche il reading al Palazzo Ducale di Genova, che doveva aprirsi nel nome di Alda Merini e del giorno nel quale era nata (21 marzo 1931), improvvisamente cambiava l’organizzazione del palinsesto per rendergli omaggio. Tonino Guerra, ‘l’angelo con i baffi’, ieri si è spento. In...

Guerra08 672 458 resizeChe giornata. Anche il reading al Palazzo Ducale di Genova, che doveva aprirsi nel nome di Alda Merini e del giorno nel quale era nata (21 marzo 1931), improvvisamente cambiava l’organizzazione del palinsesto per rendergli omaggio. Tonino Guerra, ‘l’angelo con i baffi’, ieri si è spento. In senso letterale.

Nato nel 1920 a Santarcangelo di Romagna – dove ieri ha cessato di vivere, come fosse un chiasmo – aveva conosciuto l’orrore di un lager e nella vita, per compensazione, aveva scelto il silenzio di Pennabilli nel cuore del Montefeltro. E che musicalità, nel nome di quel paese dalle vie intrise della sua poesia.Foto0043 300x225

La sua poesia è delicata e intima; riscopre il valore del dialetto come lingua compiuta e l’amicizia con Federico Fellini gli apre una fortunata carriera come sceneggiatore. ‘Amarcord’, ‘mi ricordo’, è il verbo che apre molte sue conversazioni con i grandi intellettuali del proprio tempo, e diverrà nel tempo un topos letterario e cinematografico con tutto il suo bagaglio di rimandi ed evocazioni.

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Per chi non ne ha mai approfondito poetica e letteratura rimarrà il simpatico, baffuto signore dal forte accento romagnolo che si rivolgeva, in un fortunato spot pubblicitario, a un ‘Gianni’ ideale gridandogli con un sorrisone: ‘l’ottimismo è il profumo della vita!!!’ images 2 185x115. Ma questo aspetto di Guerra non si trova spesso nelle biografie improvvisate dell’ultim’ora: eppure il poeta non se ne vergognava affatto, anzi rivendicava questo suo ruolo quasi pubblico. Si divertiva, Tonino Guerra, e questa è stata per tutta la vita la sua forza e un modo disincantato di guardare il mondo.

I sacriféizi

Se mè ò studié
l’è stè par la mi ma,
ch’la fa una cròusa invéci de su nóm.

S’a cnòss tótt al zità
ch’u i è in chèva e’ mònd,
l’è stè par la mi ma, ch’la n’à viazè.

E ir a l’ò purtèda t’un cafè
a fè du pas, ch’la n’ vàid bèla piò lómm.
– Mitéiv disdài. Csa vléiv! Vléiv un bignè?

I sacrifici

Se ho potuto studiare
lo devo a mia madre
che firma con una croce.

Se conosco tutte le città
che stanno in capo al mondo
è stato per mia madre, che non ha mai viaggiato.

leri l’ho portata in un caffè
a far due passi
perché quasi non ci vede più niente
– Sedetevi, qua. Cosa volete? Un bignè?

Ma Guerra era anche pittore. Con intatta, medesima poesia.

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Lorenza Cattadori