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31 dicembre 192: La congiura contro Commodo

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Contravvenendo a quella che da quasi un secolo era diventata una consuetudine nell’Impero, la cosiddetta “adozione del migliore”, l’imperatore Marco Aurelio designò come Cesare suo successore il proprio figlio, Lucio Elio Aurelio Commodo; primo imperatore a farlo dai tempi di Vespasiano. Al...

Contravvenendo a quella che da quasi un secolo era diventata una consuetudine nell’Impero, la cosiddetta “adozione del migliore”, l’imperatore Marco Aurelio designò come Cesare suo successore il proprio figlio, Lucio Elio Aurelio Commodo; primo imperatore a farlo dai tempi di Vespasiano. Alla sua morte, avvenuta il 17 marzo 180, subito dopo aver concluso vittoriosamente la campagna contro i Marcomanni, il giovane Commodo fu acclamato imperatore dalle truppe a Vindobona, l’odierna Vienna. Salito al potere mise fine alle mire espansionistiche di Roma oltre il Danubio, volendo tornare rapidamente a Roma per godersi gli agi del potere, e rendendo vani anni di battaglie su quel fronte. Nella capitale, come autorità suprema, poté dare libero sfogo ai suoi vizi e ai suoi eccessi. Una delle sue passioni erano i giochi gladiatori e, frequentemente, combattè di persona nell’arena del Colosseo travestito da Ercole. Le sue manie di grandezza lo portarono a voler che ogni organo statale portasse il suo nome; Senato Commodiano, Esercito Commodiano, persino Roma volle che si chiamasse Colonia Commodiana. Questi continui comportamenti al limite della follia ben presto li alienarono anche le simpatie del popolo, che all’inizio fu ben felice della politica panem et circenses adottata dall’imperatore. Non ci volle molto perché si formasse una congiura contro di lui. Due tra gli uomini che gli erano più vicini, e che quindi avrebbero rischiato di più se fosse stato rovesciato da una rivolta popolare, dopo essersi assicurati l’appoggio di alcuni influenti senatori, decisero di occuparsi personalmente della dipartita dell’imperatore, per potersi così riabilitare agli occhi dell’opinione pubblica. Questi erano il prefetto del pretorio Quinto Emilio Leto e il maestro di camera Eletto, che, con la collaborazione essenziale di Marcia, cristiana e concubina preferita del sovrano, decisero di avvelenarlo durante il tradizionale banchetto del 31 dicembre, in cui si celebrava l’insediamento nel giorno successivo dei nuovi consoli. Caso volle che Commodo, sentendosi appesantito per il lauto pranzo, chiese l’aiuto di uno schiavo per vomitare, scampando all’avvelenamento. Ma i congiurati non si persero d’animo e convinsero l’allenatore personale dell’imperatore, Narcisso, a strangolarlo nella sua camera da letto. Compiuto l’omicidio, cominciarono a spargere la voce in città della morte di Commodo a causa di un colpo apoplettico; nel frattempo Leto ed Eletto si recarono dal praefectus urbi Publio Elvio Pertinace, offrendogli la porpora imperiale. Da prima riluttante, si convinse ad accettarla solo dopo aver ricevuto rassicurazioni sull’appoggio del Senato e dei pretoriani. Saputa della sua morte, il popolo volle che il cadavere di Commodo fosse gettato nel Tevere ma Pertinace riuscì a farlo tumulare di nascosto nel mausoleo di Adriano. Comunque il Senato decretò la damnatio memoriae per l’ex imperatore, abbattendo ovunque le sue statue e cancellando il suo nome dagli edifici pubblici. E’ passato alla storia, insieme a Caligola e Nerone, come uno degli imperatori più folli della storia romana. Grazie ad uno dei film di maggior successo dell’ultimo decennio, Il Gladiatore di Ridley Scott, dove la sua figura viene enormemente riadattata per utilità alla trama, la sua figura gode di discreta popolarità anche ai giorni nostri.