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Le foibe, il Giorno del Ricordo

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Il Giorno del Ricordo, che commemora le vittime del massacro delle foibe, ricorre il 10 febbraio. Ecco cosa accadde.

Con una legge del 2004, in Italia ogni 10 febbraio viene celebrato il Giorno del Ricordo, dedicato alle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Si stima in circa 20.000 il numero delle vittime della violenza etnica che, negli anni finali della Seconda Guerra Mondiale, le truppe jugoslave di Tito perpetrarono ai danni degli italiani residenti nel Venezia Giulia, nell’Istria e nella Dalmazia al momento della loro occupazione. I corpi dei giustiziati venivano, poi, gettati nelle tipiche depressioni carsiche chiamate, appunto, foibe. Un massacro non abbastanza conosciuto che il governo italiano vuole commemorare per non dimenticare l’orrore.

I massacri delle foibe

Sebbene la pagina di storia che riguarda le foibe appartenga al periodo della Seconda Guerra Mondiale, è da poco meno di quindici anni che, in Italia, esiste un giorno per ricordare la tragedia. Eppure, i numeri parlano di un massacro spietato di circa 20.000 persone. Dopo la firma dell’armistizio e il crollo del regime fascista in Italia, che governava con la forza anche alcune aree della Croazia e della Slovenia, come la città di Fiume e la Dalmazia, i comunisti capitanati da Tito decidono di vendicarsi. Gli anni di italianizzazione forzata che il fascismo aveva imposto con metodi brutali vengono sbattuti in faccia a una popolazione inerme. Gli italiani non comunisti vengono obbligati a un esodo immediato dalle aree jugoslave. Molti di questi vengono giustiziati a seguito di processi estemporanei e sommari. I corpi delle vittime vengono gettati negli inghiottitoi carsici, le foibe.

La seconda ondata di violenza

La violenza, però, non si esaurisce subito dopo la firma dell’armistizio, nel 1943. Le truppe di Tito e il crescente nazionalismo slavo puntano a riconquistare i territorio italiani abitati da croati e sloveni. Gli obiettivi sono Fiume e la Dalmazia, ma anche Trieste e buona parte del Veneto. L’offensiva inizia, ancora una volta, con violenza e crudeltà. Migliaia di italiani vengono giustiziati in un massacro etnico di grandi proporzioni. Gli uomini di Tito, dopo aver sconfitto Ustascia e domobranzi, sono ben determinati a riunire sotto un’unica bandiera tutte le popolazioni slave della zona. Comprese quelle che vivevano in territorio italiano. Le esecuzioni di massa sono innumerevoli. A fermarli, poco prima di Trieste, solo il sopraggiungere degli Alleati.

La conferenza di Pace

A porre fine allo scontro tra italiani e slavi, ci pensa con sonoro ritardo la conferenza di pace di Parigi del 1947. Sebbene ogni partito e ogni area di influenza cercasse di supportare gli interessi dell’uno o dell’altro, alla fine si giunge a una conclusione intermedia. Molte aree passano a quella che diventa la Jugoslavia. Fiume, Dalmazia e Zara vedono l’esodo di migliaia di italiani, costretti ad abbandonare tutti i loro possedimenti per trasferirsi altrove. Gli interessi di partito hanno fatto cadere un velo di silenzio sul massacro delle foibe, per decenni. È solo dagli anni ’90 che uomini di stato italiani hanno risollevato la questione e messo in luce la sofferenza di un intero popolo. A ricordare le morti e le fucilazioni sommarie, oggi, c’è il 10 febbraio.